Milano, 19 marzo 1850 - Milano, 18 giugno 1917
Il padre aveva fondato nel 1839 la Innocente Mangili, un’azienda di spedizioni e trasporti che aveva assunto, insieme ad altre attività, la gestione della navigazione a vapore sui laghi Verbano e Benaco. Dopo studi in Svizzera, Francia e Inghilterra, Mangili rientra a
Milano all'inizio degli anni Settanta ed entra nella ditta di famiglia, di cui nel 1886, tre anni dopo la scomparsa del padre, diventa amministratore unico.
L’ascesa ai vertici del mondo imprenditoriale lombardo
Negli anni successivi consolida ed estende la rete di relazioni con il ceto imprenditoriale milanese, entrando a far parte del consiglio di gestione della Camera di commercio e diventando vicepresidente del comitato per la ferrovia Arona-Gravellona. Nel 1898 viene nominato membro del consiglio superiore della Banca d'Italia, organo di cui ricopre la presidenza dal 1903 al 1905, quando si dimette in seguito alla nomina a senatore. Sempre nel 1905 è chiamato a presiedere l’organizzazione dell'Esposizione internazionale di Milano che si tiene l’anno seguente. Nel 1907 la ditta Innocente Mangili viene trasformata in società anonima con un capitale sociale di 2,8 milioni di lire. La presidenza viene assunta dallo stesso Mangili, mentre nel consiglio di amministrazione della società - ormai attiva nel più ampio mercato europeo - entrano altre figure di spicco dell'imprenditoria italiana di inizio secolo, fra i quali spiccano l'ingegner
Ernesto Breda, fondatore dell’omonima azienda, il senatore Luigi Della Torre, amministratore della banca privata Zaccaria Pisa, e Piero Pirelli, figlio di
Giovanni Battista Pirelli. L’espansione dell’azienda è agevolata dal supporto costante assicurato dalle banche milanesi, in primo luogo la Banca Commerciale Italiana e la Zaccaria Pisa, e dalla costruzione di un rapporto privilegiato con le imprese industriali lombarde più inclini ad adottare strategie di internazionalizzazione, come la
Pirelli, in linea con la funzione di spedizioniere e trasportatore internazionale della società. Il capitale sociale viene portato a 3,5 milioni di lire nel 1909 e quindi a 4 milioni nel 1914, tanto da risultare superiore a quello della Fratelli Gondrand, la maggiore società di spedizioni e trasporti allora attiva a Milano. Proprio in compartecipazione con quest’ultima Mangili rileva nel 1899 la ditta Eredi De Marchi, che gestiva una modesta fabbrica di ghiaccio artificiale, costituendo, a Milano, la Società dei magazzini refrigeranti e del ghiaccio artificiale Gondrand-Mangili, che conoscerà una notevole espansione durante la prima guerra mondiale, grazie all’ampliamento delle attività destinate alla conservazione delle derrate deperibili, soprattutto in funzione dei rifornimenti per l'esercito.
Ai vertici della Banca Commerciale
Nel marzo del 1906 entra a far parte del consiglio della Banca Commerciale, diventandone poi presidente nel maggio dell’anno successivo. La sua nomina è patrocinata dal direttore generale Otto Joel, intenzionato a garantire una maggiore rappresentanza della componente italiana dell’azionariato dell’istituto bancario. Nella nuova veste esercita un ruolo attivo di indirizzo, partecipando fin da subito ai processi gestionali dell'istituto a stretto contatto con la direzione. Già pochi mesi dopo l'assunzione dell'incarico, fra la tarda estate e gli inizi dell'autunno 1907, quando lo scoppio di una grave crisi delle borse italiane rischia di trasmettersi al sistema bancario, è chiamato a partecipare ai colloqui tra la Banca d'Italia di Bonaldo Stringher e le maggiori banche del Paese. L’esito finale è un intervento di sostegno dei mercati e degli istituti più esposti mediante la formazione di un consorzio bancario coordinato dalla Banca d'Italia. L'adesione di Mangili al piano di intervento si rivela essenziale anche perché egli ha da poco assunto la vicepresidenza della Bastogi, l'ex società ferroviaria divenuta, dopo il 1906, la maggiore società finanziaria italiana dell'epoca. È proprio la Bastogi infatti a fornire, insieme con la Cassa di risparmio delle province lombarde, la maggior parte delle risorse del consorzio di sostegno, che si rivela di fondamentale importanza per garantire la stabilità dell'intero sistema bancario italiano.
Sin dai primi mesi della sua presidenza Mangili opera come una importante forza centripeta dal punto di vista degli equilibri interni al gruppo dirigente della Banca Commerciale, scosso negli anni precedenti da accesi contrasti fra i due direttori generali Otto Joel e Federico Weil. L’efficace ruolo di mediatore da lui svolto gli dà modo di esercitare con vigore i poteri di indirizzo assegnati alla presidenza, spingendo la direzione della banca ad assumere un carattere di maggiore collegialità. Dotato di una solida cultura economica, anche se di carattere essenzialmente pratico, si dimostra capace di condurre l'istituto attraverso le incertezze delle crisi e dei rallentamenti che si susseguono dal 1907 sino alla Grande guerra. In questo periodo cerca di far adottare metodi e tecniche di analisi contabile funzionali ad una valutazione più approfondita del merito di credito delle imprese affidate, criticando ad esempio lo stile di lavoro del vicedirettore
Giuseppe Toeplitz, giudicato rischioso e poco trasparente.