Ministero della Cultura - MIC-Direzione generale archivi

Servizio Archivistico Nazionale

Archivi d'impresa

PIAGGIO, Erasmo

Genova, 18 aprile 1845 - Genova, 6 novembre 1932

Erede di una famiglia già impegnata da alcune generazioni nel settore dei trasporti marittimi, il giovane Piaggio è imbarcato fin da adolescente sulle navi dell’impresa paterna, dove conclude il percorso necessario per ottenere la patente di capitano marittimo a poco più di diciotto anni: affianca quindi il padre al timone della società, che viene rinominata Rocco Piaggio e Figlio. Nell’estate del 1866, ventunenne, si arruola nel Corpo volontari italiani organizzato di Giuseppe Garibaldi e partecipa alla battaglia di Bezzecca durante la terza guerra di indipendenza, guadagnandosi una decorazione al valor militare.

Ripresa l’attività come armatore, è fra i primi a intuire l’importanza della navigazione a vapore per i traffici transoceanici, che comporta il declino inesorabile dei velieri in legno. Dopo la morte del padre nel 1875, attua un’aggressiva strategia di mercato riuscendo ad approfittare del fallimento della Italo-Platense, una delle società concorrenti sulle rotte per l’Argentina, per consolidare il servizio passeggeri verso l’America del Sud. Negli stessi anni espande l’attività alle rotte per gli Stati Uniti e per il Pacifico, procedendo a un ulteriore rinnovo della flotta. Nel 1878 acquista un moderno transatlantico di costruzione inglese, che gli permette di rafforzare i servizi di linea per l’Argentina. Negli anni successivi aggiunge altri tre piroscafi, anch’essi di produzione britannica, fra cui il Regina Margherita, in quel momento la più moderna fra le navi del settore mercantile italiano, con le sue 5000 tonnellate di stazza lorda, i sedici nodi di velocità massima e la capacità di accogliere circa 1500 passeggeri. Contemporaneamente, Piaggio avvia la dismissione della flotta a vela, contribuendo a modificare lo scenario dell’armamento genovese, nell’ambito del quale la necessità di disporre di capitali più consistenti e il conseguente innalzarsi delle barriere all’ingresso nel settore conducono alla scomparsa del tradizionale panorama composto da molte imprese familiari e all’affermarsi di poche, grandi società.
 

Già nel primo decennio postunitario, la competizione fra le principali compagnie di navigazione si era giocata, da una parte, sulla capacità di ottenere aiuti pubblici, dispensati sotto forma di convenzioni e premi di navigazione e, dall’altra, sulla necessità di reggere la concorrenza con le più grandi e moderne compagnie europee. In questo scenario si colloca, nel marzo del 1881, la fusione delle due maggiori società armatoriali italiane, la Florio e la Rubattino, concessionarie delle linee postali e commerciali sovvenzionate dallo Stato, nonché leader nazionali di buona parte del traffico libero nel Mediterraneo, nell’Oceano Atlantico e in quello Indiano. Da questo accordo nasce la Navigazione generale italiana (Ngi), un colosso forte di 83 navi, per complessive 70.000 tonnellate di stazza lorda. Dopo un tentativo di rispondere all’iniziativa di Florio e Rubattino attraverso un’alleanza con l’armatore genovese Edilio Raggio, nel 1885 Piaggio è costretto a cedere le proprie navi alla Ngi. In cambio ottiene una corposa partecipazione azionaria al capitale della nuova compagnia e la direzione del compartimento di Genova. Per l’imprenditore genovese non si tratta, però, di un’uscita dal settore armatoriale, bensì di un temporaneo passaggio dal ruolo di proprietario a quello di manager. Nella Ngi Piaggio trascorre vent’anni – diventandone nel 1894 amministratore delegato – durante i quali si dedica al potenziamento delle linee per l’Asia e le Americhe, alla modernizzazione della flotta e al miglioramento della qualità dei servizi. Si tratta di un periodo favorevole per la navigazione italiana, nel corso del quale Piaggio porta la compagnia ad assorbire i suoi diretti concorrenti, consolidandone la posizione di monopolio. La lunga esperienza in seno alla Ngi è tuttavia contrassegnata anche da momenti di forte tensione che contrappongono l’imprenditore agli altri azionisti, fra i quali spicca Ignazio Florio jr., nel 1896 messo in stato d’accusa in quanto reo di aver trascinato la compagnia in spericolate operazioni finanziarie.

Nonostante il ruolo di manager alla guida della Ngi, Piaggio non rinuncia all’esercizio di attività imprenditoriali in proprio, allargando lo spettro delle proprie partecipazioni azionarie al settore saccarifero (Raffineria Genovese, poi Società italiana per l’industria degli zuccheri), alla chimica (Stearineria italiana, in seguito Unione Stearinerie Lanza, infine Mira Lanza), nella siderurgia (Acciaierie italiane) e nelle public utilities (Società anonima Tramways orientali). A queste operazioni si aggiungeranno, in età giolittiana, l’acquisizione di interessenze nei settori cartario (A. Lorenzettie C.) ed estrattivo (Monte Valerio, Ligure ramifera).