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Servizio Archivistico Nazionale

Archivi d'impresa

BONDI, Massimo (Max)

Una massa di passività
Il vasto programma industriale di Bondi ha però come risvolto un oneroso indebitamento della Piombino, mentre la concorrente Ilva, costituita nel 1905 con l’impianto degli stabilimenti a Bagnoli (Napoli), si avvia a godere dei vantaggi della legislazione speciale per lo sviluppo industriale del capoluogo partenopeo.
Per fronteggiare le ingenti esigenze finanziarie la Piombino non può contare sull’assistenza finanziaria di banche quali la Commerciale italiana e il Credito italiano. I Bondi riescono tuttavia a ottenere l’appoggio della ditta genovese Raggio e della Società per le strade ferrate meridionali, ma anche l’aiuto indiretto e prudente della Banca d’Italia, attraverso il suo direttore generale Bonaldo Stringher. I finanziamenti che alla Piombino vengono dalle imprese Bondi e Raggio, dati gli impegni delle stesse verso altre società, risultano ben presto inadeguati e sul finire del 1910 la società è già in una situazione così precaria da far temere un imminente dissesto.
La situazione della Piombino non è in realtà molto dissimile da quella delle altre imprese siderurgiche italiane. Anche queste avevano accumulato una massa di passività tale da preoccupare seriamente gli enti finanziatori, il Governo e tutti i gruppi interessati all'esistenza e sviluppo di una siderurgia nazionale. Gli imprenditori del settore siderurgico agivano in un clima di reciproca rivalità e con scarsa attenzione sia alle possibilità di assorbimento del mercato sia alla disponibilità di capitali per gli immobilizzi.

 

La creazione del Consorzio siderurgico
Nel 1910 le difficoltà spingono tutto il settore a cercare un rimedio alla crisi, attraverso un accordo industriale tra le imprese maggiori. Le complesse trattative si concludono all’inizio del 1911 con la creazione del Consorzio siderurgico. Le società Elba, Piombino, Siderurgica di Savona, Ligure metallurgica, Ferriere italiane e Ilva assegnano a quest’ultima la gestione degli stabilimenti per un periodo di undici anni e sei mesi, e partecipano agli utili di gestione in proporzione alla consistenza ed efficienza dei rispettivi impianti. Sotto il profilo industriale, il Consorzio siderurgico tenta di integrare e razionalizzare la capacità produttiva dei vari stabilimenti, mentre sotto il profilo finanziario l’accordo dà luogo a una vera e propria operazione di salvataggio delle consorziate da parte della capogruppo Ilva; per quanto riguarda il profilo commerciale, infine, si realizza un accordo per la vendita dei prodotti al quale aderiscono anche aziende estranee al Consorzio per mezzo di una società comune di rappresentanza – la Ferro e Acciaio, con sede a Milano –, costituita con lo scopo di risparmiare sulle spese di trasporto.
Con l’adesione della Piombino al Consorzio, Max Bondi diventa uno dei consiglieri delegati dell’Ilva (nel Consiglio siede anche lo zio Angelo) e consigliere d’amministrazione della Ferro e Acciaio. Tuttavia la sistemazione del 1911 non risolve i problemi della Piombino, il cui indebitamento, nell’anno 1914, è ulteriormente aumentato. Anche la consistenza patrimoniale della ditta Bondi, sempre nel 1914, è ormai intaccata dalle esposizioni per varie imprese (prima fra tutte la Piombino), dalle perdite subite e dall’andamento sfavorevole della congiuntura finanziaria.