Ministero della Cultura - MIC-Direzione generale archivi

Servizio Archivistico Nazionale

Archivi d'impresa

Venezia-Mestre 1896 - 1918: La prima industralizzazione

Il molino a cilindri Giovanni Stucky alla Giudecca raffigurato sulla carta intestata dell'azienda, Venezia 1900 (Archivio Giorgio Sarto, Venezia)

 
 

Nel frattempo, un passo fondamentale è compiuto nel 1905 con la fondazione della SADE (Società adriatica di elettricità, a Venezia dal 1908) ad opera dello stesso Volpi, che ricoprirà poi la carica di presidente dal 1912 al 1943. L'impresa ha il compito di fornire la base tecnica indispensabile per la trasformazione del Veneto da regione agricola a regione industriale. Nel corso degli anni la SADE procede all'acquisizione di numerosissime società nel Veneto e nel Friuli, divenendo un punto di riferimento imprescindibile per la produzione e fornitura di elettricità in tutta la regione. Durante il primo conflitto bellico Volpi è promotore e artefice di numerosi interventi, dalla fondazione di un Sindacato di studi per imprese elettro-metallurgiche e navali nel porto di Venezia, alla creazione della Società Porto industriale di Venezia (12 giugno 1917), e della Società cantieri navali e acciaierie, che risulteranno determinanti per l'insediamento di Porto Marghera. Qui del resto trasferirà in seguito la Centrale Termoelettrica, in precedenza situata a San Giobbe, che rimarrà per molti anni una realtà all’avanguardia sia in Italia che all’estero.
L'attivismo di Volpi s’inserisce del resto in un quadro in piena trasformazione. Fra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento operano a Venezia due rilevanti complessi industriali: il Molino Stucky e il Cotonificio veneziano. Giovanni Stucky, imprenditore svizzero, aveva insediato nell’isola della Giudecca un’attività molitoria che si era andata progressivamente espandendo, grazie anche ai crescenti rapporti fra Venezia, i Balcani, il Medio Oriente e l’area del Bosforo. L’importazione di tecnologie dall’America favorisce inoltre l’ampliamento dei mulini: l’aumento della produzione è rilevante, così come la diversificazione della produzione e il raggiungimento di alti livelli qualitativi. Nel 1901 lo stabilimento impiega 188 uomini e 6 donne, e vede in attività 60 laminatoi, 57 buratti piani, 40 pulitrici di semolino, 40 macchine per pulire il grano e altre attrezzature accessorie.

 

Cotonificio veneziano, la sala dei battiori, coloro che battevano lamine d'oro con interposta della carta fino a renderle sottilissime, 1940 ca. (Collezione privata)

 
 

Il Cotonificio veneziano rappresenta il secondo importante complesso industriale della città. Situato a S. Marta, l'impianto dà lavoro a circa un migliaio di operai, fra cui molti giovanissimi. Inizialmente il progetto prevedeva un opificio capace di ospitare l'attività di 3.000 dipendenti in un’area di 90.000 mq e con 100.000 fusi in funzione; alcune opere di avviamento subiscono però un ritardo e sono rimandate al 1904. Nei primi anni del secolo l’impresa occupa quindi circa 1.100 operai (oltre ai 1.500 di Pordenone), per una produzione media annua di 30.000 quintali di filati. Il 9 agosto del 1916 un incendio distrugge parte dello stabilimento, che viene prontamente ricostruito.
L’industria veneziana in questi decenni include altre imprese di dimensione medio-piccola, ma non per questo meno rilevanti. Fra queste è la ditta Junghans che, una volta rilevata l'azienda dei fratelli Herion nel 1903, diventa una delle maggiori fabbriche di orologi in Italia e all’estero. La Junghans poteva infatti contare su 500 dipendenti, officine dislocate su 5.000 mq e 2.000 mq di magazzino.
Anche le industrie più tradizionali sono in questi anni interessate da un processo di rinnovamento. In particolare, nell’attività di lavorazione del vetro di Murano nuove imprese, lavorazioni, innovazioni tecnologiche e moderne strutture produttive si affiancano ai precedenti insediamenti. Non mancano, inoltre, processi di accentramento produttivo (come nel caso della fabbricazione di canna di vetro e di smalti per conterie), tanto che nei primi anni del Novecento si contano 19 fabbriche e 1.500 addetti circa. La Società veneziana per l’industria delle conterie e la Vetreria e cristalleria veneziana del barone Franchetti sono fra le maggiori imprese, capaci di esportare i propri prodotti in Italia e all’estero. La prima azienda occupa in questi anni 1.000 operai circa, fra uomini e donne, la seconda quasi la metà.