Recanati-Osimo-Castelfidardo 1970 - 1980: Il decennio terribile
Lampada Lucciola progettata da Fabio Lenci, 1971 (iGuzzini illuminazione spa, Fondo iGuzzini illuminazione spa)
La crisi cui il fordismo – e, con esso, il paradigma della grande impresa – va incontro negli anni Settanta stimola, tanto fra gli studiosi tanto quanto fra i policy maker, la ricerca di modelli alternativi di sviluppo. L’interesse si accende, in particolare, intorno a quei territori italiani la cui industrializzazione, come affiora dal censimento del 1971, a partire dal dopoguerra è stata tanto intensa, quanto eccentrica rispetto all’esempio del Nord-Ovest.
Questo modello alternativo di sviluppo riguarda le Regioni del Nord-Est-Centro (“NEC” o “Terza Italia”), comprendendo anche le Marche, che proprio negli anni Settanta – a coronamento di un rapido, e perciò straordinario processo di catching up – completano la transizione da un’economia agricola a un’economia prevalentemente manifatturiera. La presenza di distretti industriali, definiti dalla diffusa presenza di piccole e medie imprese integrate fra loro, da un’accentuata flessibilità produttiva e da un virtuoso radicamento nel territorio sono le principali prerogative di questo modello. Il censimento del 1981 conferma il profondo cambiamento intervenuto nel panorama economico della regione: mentre il tasso di attività in agricoltura si attesta definitivamente sulla media nazionale (10%), alcuni comparti manifatturieri (in particolare, quelli del legno e dell’abbigliamento) registrano considerevoli progressi in termini assoluti e relativi.
All’interno di questo quadro il caso Guzzini esemplifica l’ormai avvenuta “grande trasformazione” dell’economia marchigiana. Negli anni Settanta la famiglia recanatese completa il processo di diversificazione produttiva intrapreso nel decennio precedente, processo che, facendo leva sui materiali e sulla tecnologia impiegate nel core business originario, le consente di raggiungere posizioni di rilievo anche nei settori dell’illuminotecnica e degli idrosanitari.
Segno diverso ha la vicenda degli strumenti musicali. Venuti definitivamente meno i canali distributivi garantiti dagli emigrati delle “Little Italy”, l’industria degli strumenti musicali si vede chiamata a competere in un mercato internazionale improvvisamente aperto. Le esportazioni negli Stati Uniti, che ancora sul finire del decennio precedente costituivano la metà circa delle vendite complessive delle ditte marchigiane, all’inizio degli anni Settanta scivolano al 20%. Il prepotente ingresso dell’elettronica in questo comparto costringe, inoltre, le imprese del distretto marchigiano a rapide riconversioni, alcune delle quali raccolgono iniziali successi (è l’esempio della Farfisa), mentre altre falliscono.