Ministero della Cultura - MIC-Direzione generale archivi

Servizio Archivistico Nazionale

Archivi d'impresa

TOEPLITZ, Giuseppe (Jósef Leopold)

Le scalate dei Perrone
Nel periodo immediatamente precedente lo scoppio della Prima guerra mondiale, e in misura crescente durante i mesi successivi, la Banca commerciale italiana diventa il bersaglio di una violenta campagna pubblicistica nazionalista e antitedesca. I reiterati attacchi della stampa nel febbraio del 1915 portano all’estromissione dal Consiglio di amministrazione dei consiglieri appartenenti ai Paesi belligeranti. Lo stesso Otto Joel è costretto a dimettersi dalla carica di Amministratore delegato nel giugno del 1915, e viene sostituito da Toeplitz – divenuto cittadino italiano nel 1912 – e da Pietro Fenoglio, Direttore della filiale torinese della banca.
I primi anni della gestione Toeplitz sono particolarmente difficili per la Commerciale che, nonostante abbia reciso i contatti con il mondo bancario tedesco, continua a essere oggetto, sulla stampa nazionale, di attacchi che reclamano una maggiore “italianizzazione dell’istituto”, nonché la cacciata dello stesso Toeplitz. Principali ispiratori di questa campagna sono i fratelli Mario e Pio Perrone, proprietari dell’Ansaldo, uno dei maggiori gruppi industriali italiani, attivo principalmente nei settori siderurgico, meccanico e della cantieristica. Nella primavera del 1918 i fratelli Perrone, che negli anni precedenti erano riusciti a portare a termine l’acquisizione di un altro importante istituto di credito – la Banca italiana di sconto (Bis) –, attuano un tentativo di scalata della Commerciale, arrivando a controllare circa il 20% del capitale dell’istituto milanese.

 

Ingegneria finanziaria
Con qualche difficoltà Toeplitz riesce infine a bloccare l’operazione di scalata, anche grazie all’intervento diretto del Ministro del Tesoro Nitti, che nel giugno del 1918 porta alla stipula di un cartello fra i tra i quattro principali istituti di credito italiano – la Banca commerciale, il Credito italiano, la Bis e il Banco di Roma – con l’impegno degli stessi a garantire un rilevante aumento di capitale dell’Ansaldo (da 100 a 500 milioni di lire), destinato a finanziare il progetto di riconversione degli impianti del gruppo dalle produzioni belliche a quelle per il mercato civile. Il fallimento di tale progetto spinge tuttavia i Perrone a un nuovo tentativo di scalata della Commerciale, che li porta nella primavera del 1920 a controllare poco meno del 40% del capitale della banca. Anche questo secondo tentativo viene respinto da Toeplitz – soprattutto grazie alla precaria situazione finanziaria dell’Ansaldo e del suo principale finanziatore, la Bis, che nel 1921 deve dichiarare fallimento; la vicenda lascia però dei segni profondi sugli assetti proprietari della banca milanese. Toeplitz è infatti costretto a mettere in atto una complessa operazione di ingegneria finanziaria che vede la Commerciale prestare alle aziende da essa partecipate – riunite nel Consorzio mobiliare finanziario (Comofin) – i fondi necessari per acquisire le azioni in possesso dei Perrone. In pratica, per difendere la propria indipendenza la Banca commerciale è costretta ad acquistare, anche se in forma indiretta, azioni proprie, con una diminuzione reale del suo capitale. Ormai privo di un vero azionista di riferimento, e divenuto Amministratore delegato unico dopo le dimissioni di Pietro Fenoglio, Toeplitz è libero di muoversi in perfetta autonomia nella gestione della banca.