Ministero della Cultura - MIC-Direzione generale archivi

Servizio Archivistico Nazionale

Archivi d'impresa

PIRELLI, Alberto

Fotografia del cortile di spedizione di pneumatici e gomme piene, presso lo stabilimento Pirelli di Milano città (Fondazione Pirelli)

 
 

Alleanze strategiche
Con la fine della Prima guerra mondiale, parallelamente al consolidamento della presenza internazionale e alla riorganizzazione delle partecipazioni estere, Pirelli punta a rafforzare la posizione di principale produttore italiano detenuta dall’azienda nel settore cavi, attraverso l’acquisizione di partecipazioni azionarie in imprese elettriche e telefoniche, una strategia che tocca il suo apice nel 1925 con la costituzione della Centrale, una finanziaria che riunisce sotto il suo controllo le più importanti società elettriche e telefoniche dell’Italia centro-meridionale.
I contrasti con la Banca commerciale, azionista di controllo del maggiore concorrente italiano della Pirelli – la Ing. Vittorio Tedeschi e C. –, nonché principale cliente in Italia, attraverso le società elettriche da essa controllate, della Siemens e della AEG, spingono successivamente Pirelli ad entrare nell’alleanza fra principali operatori del settore elettrico ed elettrotecnico che si consolida tra la fine degli anni Venti e l’inizio degli anni Trenta attorno al Credito italiano e alla Edison, di cui Pirelli diventa rispettivamente consigliere d’amministrazione e vicepresidente nel 1932. 
Gli anni fra le due guerre rappresentano per Pirelli anche il periodo di più intensa partecipazione alla vita pubblica e politica italiana e internazionale. Dopo una prima esperienza presso l’Alto Commissariato per la liquidazione dei ministeri delle Armi, delle Munizioni e dell’Aeronautica, dove viene chiamato nel novembre del 1918 da Ettore Conti per occuparsi dei rapporti con le potenze alleate, Pirelli partecipa, ora in veste di “tecnico”, ora nei panni più impegnativi di “delegato”, alle più importanti trattative economiche che si svolgono dopo la Prima guerra mondiale – dalla Conferenza di pace di Parigi (1919) al comitato Dawes (1924) e dalla Conferenza di Londra (1924) al comitato Young (1929) –, ricoprendo in particolare il ruolo di negoziatore italiano in tutte le trattative che conducono ai successivi regolamenti del problema delle riparazioni di guerra da parte della Germania, dell’Austria e dell’Ungheria. Dal 1920 al 1922 rappresenta inoltre l’Italia nell’Ufficio internazionale del lavoro a Ginevra e successivamente, dal 1923 al 1927, nel Comitato economico della Lega delle Nazioni. Per incarico del Governo italiano, cura fra il 1926 e il 1928 l’organizzazione dell’Istituto per l’esportazione, del quale diventa anche il primo presidente. È tra i fondatori dell’Istituto di studi di politica internazionale (Ispi), la cui presidenza mantiene dal 1934 al 1967. Tra le cariche più importanti ricoperte in questi anni c’è inoltre quella di rappresentante italiano presso la Camera di commercio internazionale di cui è presidente dal 1927 al 1929.

 

Automobile guidata da Gastone Brilli Peri e gommata Pirelli, sulla pista dell"autodromo di Monza durante il primo Gran Premio d"Italia, Monza 1925 (Fondazione Pirelli, Fondo Propaganda)

 
 

Dalla diplomazia al prestigio personale
L’intensa attività diplomatica è uno dei fattori che contribuiscono ad aumentare il prestigio di Pirelli e la sua influenza negli ambienti politici e finanziari italiani; questo status gli viene riconosciuto anche da Mussolini, che lo nomina ministro plenipotenziario nel 1924 e, successivamente, ministro di Stato nel 1938 (una carica onorifica che doveva aprirgli la strada alla nomina a Senatore). Tuttavia i rapporti fra Pirelli e il Fascismo non sono facilmente definibili. Nei primi anni dopo la “marcia su Roma” mantenne una posizione assai prudente. Nel 1925, dopo il delitto Matteotti, fa parte della delegazione di imprenditori che si presenta a Mussolini per chiedere il rispetto delle libertà sindacali e, come molti altri, non si iscriverà al Partito nazionale fascista fino al 1932. Ciò non impedisce però che fin dai primi anni Venti si crei uno stretto rapporto personale fra il capo del Fascismo e l’industriale milanese. La stima che Mussolini nutre per le capacità tecniche e diplomatiche dell’imprenditore milanese è testimoniata dalle delicate missioni all’estero che gli vengono affidate. La considerazione di cui gode presso Mussolini, insieme agli ampi consensi che riscuote negli ambienti industriali, consentono a Pirelli di ricoprire ininterrottamente per tutto il ventennio fascista la carica di presidente dell’Associazione fra le società italiane per azioni (Assonime) e di svolgere funzioni di mediazione tra regime e industriali nei momenti di maggiore difficoltà, come dimostra la sua nomina a commissario della Confindustria, avvenuta nel 1934, in occasione del varo della riforma corporativa. I rapporti con il Regime rimangono amichevoli per tutta la seconda metà degli anni Trenta, periodo durante il quale la Pirelli conosce una crescente e continua ripresa produttiva, favorita dalla politica “autarchica”. Grazie alle numerose commesse belliche in seguito alla guerra d’Etiopia e all’intervento nella guerra civile spagnola, l’azienda raggiunge e supera i livelli produttivi toccati prima della grande crisi.