Ministero della Cultura - MIC-Direzione generale archivi

Servizio Archivistico Nazionale

Archivi d'impresa

CAPRONI, Giovanni Battista (Gianni)

Gianni Caproni con Vittorio Emanuele III, 1940 ca. (Archivio famiglia Caproni, Roma).

 
 

Legami complessi
Dalla fine degli anni Venti e negli anni Trenta quindi, la carriera imprenditoriale di Caproni subisce una svolta, passando dalla guida della progettazione tecnica – sia pure con importanti responsabilità di gestione aziendale – a una strategia di costruzione e direzione di un gruppo di imprese con importanti diramazioni internazionali: a metà degli anni Trenta Caproni controlla e dirige un vasto complesso industriale per molti aspetti autosufficiente e capace di un ciclo integrale, che trova consolidamento nella mobilitazione della produzione di guerra e nel quadro autarchico. Le aziende sono complementari e operano in coordinazione, nell’ambito di un collegamento tecnico basato sull’interscambio di materie, prodotti intermedi, prodotti finiti e servizi e sulla ripartizione della produzione finale. L’organigramma di rapporti, intrecci e produzione ha un impianto articolato: del complesso, accentrato nella società madre Aeroplani Caproni (di cui è Presidente lo stesso Caproni), fanno parte tre società capofila, la Isotta Fraschini di Milano (produzione di motori, mitragliatrici, armamenti, bombe, duralluminio, con fonderia e forgia), la Officine Meccaniche italiane di Reggio Emilia (locomotive, aerei e motori avio, armamenti e bombe, con fonderia e forgia) e la Aeroplani Caproni di Milano (aeroplani, tubi trafilati, eliche). Alla prima società, attraverso la Fonderie Isotta Fraschini (magnesio, electron), è collegata la Compagnia chimico-mineraria del Sulcis, di Cagliari (benzina, glicoli, solventi, vernici); attraverso la Motori marini Carraro (attrezzature, motori marini, mozzi, eliche), è collegata la Società anonima magnesio italiano, del Sulcis (magnesio, electron), a sua volta collegata alla Compagnia chimico-mineraria Sulcis attraverso la Sabbie industriali di Livorno. Alla seconda società era collegata la Officine meccaniche romane (bombe, lamiera, alluminio). Alla terza società, attraverso la Cantieri aeronautici bergamaschi (aeroplani, scuola aviazione), la Società immobiliare turismo aereo (a Montecolino sul lago d’Iseo; idrovolanti e scuola), la Avio industrie stabiensi (a Castellammare; aeroplani, bombe), la Officine reatine lavorazioni aeronautiche (aeroplani, bombe) la Caproni bulgara (a Kazanlăk; aeroplani, radio, materiale elettrico), la Curtiss-Caproni (a Baltimora, Usa; aeroplani); erano infine collegate l’Industria specializzata strumenti aeronavigazione (Bergamo; strumenti di bordo) e la Segherie italiane (Milano; legni compensati).

 

L'ambasciatore giapponese Horikiri Zambei che firma il registro degli ospiti illustri presso le officine Caproni a Taliedo, Milano 1942 (Archivio famiglia Caproni, Roma).

 
 

Ali italiane in guerra
Nella seconda metà degli anni Trenta il gruppo assesta questo organigramma con acquisizioni di altre aziende, nuove costituzioni, cessioni. Entrano, tra le principali, la Fabbrica nazionale d’armi di Brescia, la Costruzioni elettromeccaniche di Saronno, la Officine romagnole di Imola, la Industrie riunite di Arco, la Manganesifera italiana di Tremonte Leffe, l’Aeronautica Predappio, l’Aeronautica sicula di Palermo, la Società romana gassogeni, la Compagnia nazionale aeronautica di Roma.
Il gruppo Caproni, con i suoi incroci di accordi, vive comunque negli anni Trenta difficoltà di finanziamento che lo spingono a orientarsi quasi completamente sulla sicurezza della crescente e trainante produzione militare. La progettazione e produzione Caproni nel decennio è comunque caratterizzata dal notevole numero di prototipi, varianti e miglioramenti. Tra questi, vengono prodotti il gigantesco Ca.90 (esamotore da bombardamento), caccia militari e aerei da ricognizione, ma anche biplani da turismo, da scuola e da acrobazia.
L’articolazione qualitativa agevola la penetrazione dei prodotti aeronautici italiani all’estero, cui largamente partecipano le imprese del gruppo Caproni (nel 1939 i Paesi importatori sono una quarantina), ma nello stesso tempo la politica del Governo fascista non sostiene gli sforzi di Caproni sui mercati internazionali: nel 1939 l’imprenditore è nettamente contrario all’entrata in guerra dell’Italia, e la dichiarazione di guerra, il 10 giugno del 1940, sorprende le sue imprese con cospicui contratti in corso, specie con enti francesi e inglesi.
La produzione su commesse belliche per lo Stato vede il gruppo Caproni impegnato nella fornitura di velivoli (da bombardamento, da ricognizione e da assalto), sommergibili, bombe, mitragliatrici, autocarri, motori per aereo.
Dopo l’8 settembre 1943, gli impianti Caproni ancora operativi nel territorio non liberato vengono dichiarati dal Governo nazista industrie protette e messi sotto il controllo dell’organizzazione Speer. Prodotti ultimati e macchinari di maggior interesse vengono requisiti, la fabbricazione vigilata in loco da commissioni tedesche, alcuni stabilimenti decentrati per sicurezza: l’azione resistenziale e il sabotaggio operaio (iniziato nel 1942) portano comunque a interruzioni delle lavorazioni e a consegne incomplete o difettose.