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PANZARASA, Rinaldo

La strategia di espansione nel settore chimico portata avanti da Panzarasa riscuote l’appoggio governativo, che si traduce nell’introduzione, nel 1925, di una maggiore protezione doganale per l’industria dei coloranti e in un prestito di 50 milioni di lire, concesso dalla Banca d’Italia nel 1927. Il rapporto fra Panzarasa e il regime finisce tuttavia per assumere negli anni successivi la forma di un do ut des dagli effetti perversi. Particolarmente onerosa si rivela la reiterata richiesta proveniente dalle autorità militari e di governo di assicurare l’italianità del gruppo di controllo delle aziende chimiche, e in particolare quelle produttrici di intermedi e coloranti. Il conseguente sforzo di “italianizzazione” compiuto da Panzarasa, che limita fortemente la possibilità del gruppo torinese di ottenere finanziamenti dall’estero, è una delle cause – insieme all’esigenza di Panzarasa e dei suoi alleati di mantenere il controllo dell’azienda – della forte sottocapitalizzazione dell’Italgas e dell’aumento costante, nella seconda metà degli anni Venti, dell’indebitamento finanziario.
Nel 1929 la fisionomia dell’Italgas appare radicalmente trasformata: da impresa industriale di media grandezza nel panorama economico italiano, con un capitale sociale di appena 10 milioni di lire, a holding finanziaria con 260 milioni di capitale, capofila di un gruppo industriale composto da dieci società di produzione e distribuzione del gas e da oltre venti aziende attive nel settore minerario e in quello chimico. Si tratta tuttavia di un gigante dai piedi di argilla. Il collasso del gruppo Italgas è infatti altrettanto rapido quanto celere era stata la sua ascesa nel firmamento industriale italiano.

 

Tra l’estate e l’autunno del 1929 diversi articoli comparsi sulla stampa nazionale segnalano in maniera sempre più insistente che l’Italgas sta perdendo il sostegno del governo e delle autorità militari, in seguito alla caduta in disgrazia di alcuni gerarchi del regime vicini a Panzarasa. A destare particolare preoccupazione è la risposta negativa data in sede di autorizzazioni governative alla richiesta di stipulare un nuovo prestito con un sindacato di finanziatori internazionali e a quella di procedere ad aumenti del capitale dell’Italgas e dell’Acna. I primi mesi del 1930 vedono il gruppo di aziende controllato da Panzarasa sempre più paralizzato dalla mancanza di liquidità, anche se la crisi arriva al suo culmine solo nel settembre dello stesso anno, con il definitivo crollo in Borsa del titolo Italgas. Privato anche dell’appoggio delle banche, il 14 ottobre Panzarasa è costretto a dimettersi dalla carica di presidente della Sip e quattro giorni dopo da tutte le cariche ricoperte nelle aziende del gruppo Italgas. Rifugiatosi in Francia per evitare un mandato di cattura per bancarotta fraudolenta, viene arrestato a Nizza il 10 aprile 1931 ed estradato in Italia. Dopo la sentenza di assoluzione emessa nell’agosto del 1932, tornerà ad occuparsi di industria, ma non in posizioni di vertice, partecipando nel 1936 alla costituzione della Liquigas, azienda attiva nella produzione di gas di petrolio liquefatto.
Muore a Varese il 24 settembre 1950.
 
Scritti: R. Panzarasa, Il Gruppo Italgas-Sagacia e la verità, Torino, 1932.
Fonti e Bibliografia: Archivio Storico e Museo Italgas di Torino; Archivio storico Telecom Italia di Torino, Fondo Gruppo elettrico Sip.B. Bottiglieri, Dal periodo fra le due guerre agli sviluppi più recenti, in V. Castronovo et al., Dalla luce all’energia. Storia dell’Italgas, Roma-Bari, 1987, pp. 207-312; B. Bottiglieri, Sip. Impresa, tecnologia e Stato nelle telecomunicazioni italiane, Milano, 1990; V. Zamagni, L’industria chimica in Italia dalle origini agli anni ’50, in Montecatini 1888-1966, a cura di F. Amatori - B. Bezza, Bologna, 1991; A. Confalonieri, Banche miste e grande industria in Italia, 1914-1933, Milano, 1994.