Ministero della Cultura - MIC-Direzione generale archivi

Servizio Archivistico Nazionale

Archivi d'impresa

FERRARI, Giulio

Giulio Ferrari, anni Quaranta (dal volume "Un'arte di famiglia nel mondo", pubblicato per il centenario dell'azienda, Ferrari F.lli Lunelli spa, 1992).

 
 

Calceranica (TN), 9 aprile 1879 - Trento, 14 gennaio 1965

Esponente di una benestante famiglia trentina, proprietaria di diversi appezzamenti sia nella parte italiana che in quella tedesca del Tirolo; i terreni sono condotti a coltura promiscua, con attenzione prevalente dedicata, già dai decenni centrali del secolo XIX, alla coltura della vite: il prodotto viene vinificato sia nelle cantine padronali di Calceranica, sia in quelle collocate nell’interrato del palazzo cittadino, in una delle vie centrali di Trento. Il giovane Ferrari, una volta conclusa la scuola dell’obbligo, si iscrive nel 1895 all’Istituto agrario di San Michele all’Adige, che frequenta fino al 1897. Si tratta di una prestigiosa scuola agronomica, con annessa stazione sperimentale, che la Dieta tirolese aveva creato nel 1874 negli immobili dell’ex monastero agostiniano collocato sul confine linguistico tra l’area tedesca e quella italiana del Tirolo, al centro di una vasta tenuta, che dal fondovalle atesino si spinge fino ad una quota di oltre 1.000 metri di altitudine, contemplando ogni tipo di coltura presente nel contesto regionale. L’Istituto ha però fin dalla sua origine una spiccata vocazione per lo studio e la valorizzazione della viticoltura e delle tecniche enologiche, e qui Ferrari acquisisce il primo patrimonio conoscitivo per affrontare in modo corretto tanto le pratiche necessarie nella conduzione di un vigneto razionale, quanto quelle indispensabili per operare efficacemente in cantina. Ultimato il biennio di studi agronomici a San Michele, nel 1897 Ferrari parte per la Francia, indirizzandosi verso la scuola di vitivinicoltura di Montpellier. Specializzatosi in viticoltura, nel 1900 si trasferisce in un centro altamente specializzato di enologia nella regione vitata della Renania, a Geisenheim im Rheingau, sulla sponda destra del Reno. Incuriosito dalle metodiche di vinificazione che fanno uso di lieviti, si specializza in zimotecnia presso il Botanisches Institut di Geisenheim. In seguito, per sperimentare concretamente la selezione e la coltura dei fermenti messa in atto nel territorio della Champagne, lavora per qualche tempo a Epernay, nella cantina Pierlot. Trova poi occupazione presso il vivaista Richter di Montpellier, dal quale apprende le metodiche della moltiplicazione delle talee e dell’innesto della vite. Grazie alla ditta Richter ha anche l’opportunità di sperimentare le nuove tecniche di coltura della vite in un territorio di recente colonizzazione, la Tunisia.

 

Un patrimonio da riportare in Italia
Dopo oltre cinque anni di formazione e maturazione professionale trascorsi in Francia, in Germania e con una breve parentesi nordafricana, torna nella terra natale per trasferirvi tutte le esperienze accumulate.
La viticoltura e l’enologia del Trentino austriaco vivono in quel momento una delle fasi più favorevoli della loro lunga storia. Le varie agenzie agrarie promosse sia dall’iniziativa dei più attenti operatori economici locali, sia da un’oculata politica economica intrapresa tanto dal Governo centrale viennese, quanto da quello regionale di Innsbruck, contribuiscono a uno svecchiamento delle pratiche viticole e delle tecniche di cantina e riescono a preservare, per oltre un ventennio, grazie a provvedimenti estremamente rigorosi, i vigneti locali dalla più terribile delle malattie della vite, quella prodotta dalla fillossera. Quando i vigneti magiari – l’area vitata più importante della monarchia asburgica – sono devastati dall’invasione fillosserica, per i produttori di vino del Trentino si aprono prospettive di sbocco estremamente interessanti sul mercato interno austro-ungarico, nonostante la concorrenza dei vini italiani.
Al suo rientro dalla Francia, Ferrari si presenta come un convinto assertore e sperimentatore in proprio di nuove metodiche tanto nel vigneto, quanto in cantina: ha anche portato con sé diverse barbatelle di vitigni bordolesi (tra cui quelle di Cabernet), originarie della Borgogna (quali lo Chardonnay), oltre ai diversi tipi di Pinot, e vitigni renani. Ritiene infatti che le più rinomate qualità di vite europee possano egregiamente adattarsi alle caratteristiche pedoclimatiche del territorio trentino. Nei primi anni del secolo avvia, da pioniere all’interno della monarchia asburgica, ma anche tra i primi a farlo in territorio italiano, la produzione di vino spumantizzato con la méthode champenois. Nel 1902 attrezza la cantina di famiglia di Calceranica per la produzione di un numero ancora esiguo di bottiglie di vino Borgogna, proveniente dai suoi vigneti, mentre estende la sperimentazione anche ai vini provenienti dalle colline di Lavis, che spumantizza nella cantina del cognato barone de Schulthaus. La produzione nei primi anni del Novecento è limitata a poche centinaia di bottiglie, che comincia a commercializzare con la denominazione di Champagne Maximum Sec G. Ferrari - Trento Autriche. La qualità del prodotto, che nessuno immaginava potesse essere realizzato al di fuori dell’area della Champagne, sorprende anche gli intenditori più scettici, e la domanda in crescita spinge l’imprenditore trentino ad ampliare la produzione. Pur trasferendo la sua attività spumantistica in più capienti cantine situate nel rione trentino di Piedicastello, Ferrari mantiene limitata la produzione di spumante a circa 2.000 bottiglie all’anno, selezionando, al pari delle uve che utilizza per la vinificazione, anche i suoi clienti, dosando le forniture e imponendo prezzi decisamente elevati rispetto alla media di quelli praticati tanto sul mercato austriaco, quanto su quello italiano.