Ministero della Cultura - MIC-Direzione generale archivi

Servizio Archivistico Nazionale

Archivi d'impresa

AGNELLI, Giovanni (Gianni)

Gianni Agnelli nel suo ufficio di corso Marconi a Torino, 1984 (Archivio e centro storico Fiat, Archivio iconografico).

 
 

Torino, 12 marzo 1921 - Torino, 24 gennaio 2003

Secondo dei sette figli di Edoardo, erede del fondatore della Fiat, Giovanni. Dopo l’improvvisa morte del padre (1935), consegue la maturità a Torino nel 1938; sulla sua formazione esercita una vigile tutela il nonno, che identifica nel nipote l’erede naturale della dinastia familiare. Gianni intraprende nel 1938 un viaggio negli Stati Uniti, dove visita New York, Detroit e Los Angeles. Nel 1943 consegue la laurea in Giurisprudenza a Torino. Alla morte del fondatore della Fiat, nel dicembre del 1945, il giovane Agnelli si trova erede delle fortune familiari in un momento particolarmente difficile della vita economica nazionale: la sua scelta è l’attribuzione di ogni responsabilità operativa all’Amministratore delegato della Fiat, Vittorio Valletta, che avrebbe mantenuto la presidenza per vent’anni, sino al 1966. Gianni è Vicepresidente della Fiat e Presidente dell’altra azienda di famiglia, la Riv.
Dal 1946, privo di un ruolo imprenditoriale attivo, Agnelli frequenta l’alta società internazionale stringendo relazioni negli ambienti degli affari e politici utili all’esercizio delle future responsabilità nell’azienda. Risalgono al decennio Cinquanta i rapporti con John F. Kennedy, allora Senatore democratico, il banchiere David D. Rockefeller e André Meyer della banca d’affari internazionale Lazard (conosciuto attraverso Raffaele Mattioli e Enrico Cuccia). Al 1953 risale il matrimonio con Marella Caracciolo di Castagneto, da cui nascono i figli Edoardo, nel 1954, e Margherita, nel 1955.
 

 

Edward Kennedy e Gianni Agnelli all'Expo Italia '61, Torino, 1961 (Archivio e centro storico Fiat, Archivio iconografico).

 
 

I primi passi dell’Avvocato
Negli anni Cinquanta la presenza di Agnelli in Italia è sporadica e senza ripercussioni sulla gestione della Fiat. è presente invece nelle vicende sportive nazionali quale presidente della squadra di calcio torinese Juventus dal 1947. Nel 1959 assume la presidenza dell’Ifi, la finanziaria che gestisce le partecipazioni azionarie di famiglia (da allora comincia a essere indicato con l’appellativo, divenuto celebre, di “Avvocato”), ma solo nei primi anni Sessanta appare sulla scena pubblica italiana, al fianco di Valletta, soprattutto nelle missioni internazionali: prende parte alle trattative che precedono gli accordi per la costruzione di impianti produttivi della Fiat in Urss, poi realizzati nel 1966. Alla metà del decennio Sessanta, dopo la stagione cruciale del “miracolo economico”, traspare l’impressione che la Fiat, ormai in vetta alla classifica dei produttori europei di autovetture, debba ricercare nuove vie di sviluppo, che passano di necessità attraverso l’allargamento della sua sfera d’azione internazionale.
Nel 1963 Agnelli è nominato Amministratore delegato della Fiat, a fianco del collaboratore più stretto di Valletta, Gaudenzio Bono e, nella primavera del 1966, Presidente. Egli manifesta la volontà di uno stacco nei metodi di gestione ed esorta a immaginare una “nuova frontiera” per l’impresa.
Agnelli è convinto che occorra procedere a un rinnovamento in profondità della struttura organizzativa della Fiat, decentrando e concedendo autonomia operativa ai settori, in modo da responsabilizzarli quanto al conseguimento dei risultati. Sulla base di uno studio commissionato a una società di consulenza americana, dai primi del 1968 dà il via a una complessa opera di ridisegno del sistema aziendale, affidato soprattutto all’intervento del nuovo Amministratore delegato, il fratello Umberto (nato nel 1934). Questi, che sedeva nel Consiglio di amministrazione della Fiat dal 1964, viene da una precedente esperienza di riorganizzazione della consociata francese Simca, all’epoca quarto produttore di automobili sul mercato d’Oltralpe. Il processo di riforma e modernizzazione aziendale guidato dagli Agnelli si scontra con il più intenso ciclo di conflittualità industriale fino allora conosciuto nelle fabbriche italiane.