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Arsenale militare marittimo Saint Bon

Nel 1914, oltre alle piccole imprese naval–meccaniche già presenti, a cui la Marina affida lavori che non può svolgere all’interno dei propri stabilimenti, sorgono accanto all’Arsenale, e in funzione di integrazione con esso, i Cantieri Franco Tosi, emanazione della omonima azienda di Legnano che produce motori diesel utilizzati per le navi. Con lo scoppio del primo conflitto mondiale l’Arsenale, così vicino alla zone delle operazioni, lavora a pieno ritmo per rispondere alle necessità della flotta intervenendo su navi che devono essere equipaggiate di nuove armi o sistemi protettivi, oppure alla riparazione di siluranti. Accanto all’Arsenale sono sorti anche l’idroscalo del Pizzone e la Scuola di Aviazione della Marina, mentre rimesse per dirigibili vengono costruite in località S. Vito e nei pressi di Grottaglie. Durante il conflitto il personale aumenta notevolmente e le condizioni salariali migliorano, anche se la nuove assunzioni riguardano solo in piccola parte manodopera qualificata. Spesso si tratta di manovali e operai generici che vengono assunti come avventizi o operai straordinari, determinando il diffondersi di una precarietà occupazionale che nel dopoguerra, insieme ai licenziamenti e al carovita, determina una situazione sociale esplosiva che fa degli “arsenalotti” i protagonisti di duri scontri durante il “biennio rosso”.
Dopo il ridimensionamento produttivo che segue la fine del conflitto, l’attività dell’Arsenale riprende a pieno ritmo alla metà degli anni trenta, in corrispondenza della guerra di Etiopia e delle politiche di riarmo destinate alla preparazione del conflitto mondiale. Gli occupati (compresi quelli della polveriera di Buffoluto) raggiungono il numero di 5.800 nel 1939, per arrivare a 7.000 nell’aprile del 1940 e a 13.000 nel 1942.
 
Dopo l’occupazione della città da parte degli anglo-americani e l’armistizio dell’8 settembre nell’Arsenale si continua a lavorare anche grazie a un accordo con i responsabili delle Marine britannica e statunitense. Fino al luglio del 1945, secondo dati della Marina italiana, ci si occupa infatti della manutenzione e riparazione di 1846 navi di cui 621 della Marina da guerra alleata, di 1022 mercantili e sussidiarie, di 203 piroscafi italiani in servizio alleato e di alcune centinaia di unità da guerra.
Con la conclusione del conflitto, la firma dei trattati di pace ed il conseguente ridimensionamento della flotta militare inizia per l’Arsenale un lungo periodo di crisi, che colpisce duramente l’occupazione: nel 1948 viene deciso il blocco delle assunzioni, mentre i 12.500 occupati del 1947 diventano 10.175 nel 1949, 9.601 nel 1953, 7.884 nel 1957, 6.500 nel 1960.
Negli anni cinquanta e sessanta continua tuttavia l’attività di allestimento di unità militari e civili, sia pure in quantità sempre più ridotta. Nel marzo del 1967, con il varo della motonave da sbarco Quarto, si conclude la lunga storia delle costruzioni navali in Arsenale. Nello stesso anno, infatti, la Marina decide di dedicare i propri sforzi ai soli compiti di supporto e mantenimento in efficienza della flotta, riducendo ulteriormente, alla fine degli anni settanta, i propri organici. Nuove opere di ammodernamento della struttura sono tuttavia compiute a partire dal 1989, con la costruzione in Mar Grande di una nuova stazione navale al fine di evitare che la flotta rimanga imbottigliata in Mar Piccolo a causa dell’ostruzione del canale navigabile. Alla vecchia banchina sono rimaste attraccate solo le navi in disarmo, i sommergibili e le unità in riparazione, mentre nella nuova, grande infrastruttura, inaugurata nel 2004 e realizzata in un’area di circa sessanta ettari, hanno trovato spazio moli, officine di riparazione di impianti di bordo sia tradizionali che ad alto contenuto tecnologico, magazzini, una torre di controllo e un eliporto.
 
Bibliografia
R. Nistri L. Sardi, Cafoni, arsenalotti e galantuomini, Bari, 1980
R. Nistri, Civiltà dell’industria. Economia e società a Taranto tra XIX e XX secolo, Taranto, 1987,
M. Pizzigallo, L’Arsenale di Taranto e la città, gli aspetti economici, in Analisi Storica, 1989,