Ministero della Cultura - MIC-Direzione generale archivi

Servizio Archivistico Nazionale

Archivi d'impresa

Ansaldo

Locomotiva a vapore costruita nello Stabilimento meccanico Ansaldo di Sampierdarena (GE), 1854 (Fondazione Ansaldo, fondo Ansaldo).

 
 

Alla vigilia della Grande guerra
Nel 1846 il Governo sabaudo avvia la costruzione della linea ferroviaria destinata a collegare Torino e Genova. Nello stesso anno a Sampierdarena, importante comune confinante con Genova e annesso alla città nel 1926, sorge uno stabilimento meccanico, il maggiore del Regno di Sardegna, per iniziativa di Philip Taylor, ingegnere britannico, e di Fortunato Prandi, uomo d’affari torinese: l’impianto ha lo scopo di produrre materiale rotabile – locomotive innanzitutto – per la ferrovia, e inoltre macchine a vapore, caldaie e navi. Gli inizi dell’impresa sono stentati per la debolezza della domanda interna e per la insufficienza delle sperate commesse pubbliche. Nel 1853 la fabbrica viene rilevata dalla Gio. Ansaldo & C., società costituita da importanti imprenditori genovesi e diretta da Giovanni Ansaldo. La nuova compagine proprietaria consente la sopravvivenza dell’unità produttiva, ma non le garantisce migliori prospettive. Tra il 1861 e il 1884 si producono 68 locomotive per le aziende ferroviarie nazionali: non è molto, ma si acquisiscono competenze tecniche e capacità lavorative sfruttate nell’ultimo ventennio dell’Ottocento quando, tra il 1884 e il 1899, la Ansaldo produce quasi 400 locomotive. Allora l’impresa, controllata da Giovanni e Carlo Marcello Bombrini, cresce approfittando di orientamenti di politica economica più favorevoli allo sviluppo industriale che si traducono in commesse e sovvenzioni pubbliche. Nel 1886 viene acquistato un cantiere navale a Genova Sestri e nel 1896 una fonderia che produce oggetti in leghe metalliche; nel 1898 si avvia la costruzione di una moderna acciaieria e nel 1899 si edifica una officina elettrotecnica: al volgere del secolo l’Ansaldo è la prima azienda meccanica del Paese, impegnata in lavorazioni diverse e verticalmente integrata. La proprietà viene rilevata nel 1903 da Ferdinando Maria Perrone, che costituisce una joint venture con la britannica Armstrong; nel 1908, alla sua morte, l’impresa è diretta dai suoi figli Mario e Pio Perrone, che ne guidano l’ulteriore espansione. Alla vigilia della Grande guerra gli addetti sono circa 10.000; l’Ansaldo ha ottenuto significative affermazioni sui mercati internazionali ed è pronta a soddisfare l’eccezionale domanda bellica.  

 

Varo della turbonave "Rex" nel cantiere navale Ansaldo di Genova Sestri Ponente, 1931 (Fondazione Ansaldo, fondo Ansaldo).

 
 

Una crescita impetuosa e disordinata
Tra il 1915 e il 1918 la crescita dell’impresa è impetuosa e disordinata: nel 1918 i dipendenti diretti sono 42.000 – circa 60.000 considerando anche quelli delle società controllate –; la produzione di armamenti è stata determinante per l’esito del conflitto, gli stabilimenti posseduti sono numerosi a Genova e anche fuori dalla Liguria. La crisi postbellica si abbatte però inesorabile sull’Ansaldo, incapace di affrontare efficacemente la riconversione. Nel 1921 i fratelli Perrone sono costretti alle dimissioni, mentre fallisce la Banca italiana di sconto (Bis), legata all’impresa genovese. L’Ansaldo viene gestita per alcuni anni dal Consorzio sovvenzioni su valori industriali (Csvi, strumento della Banca d’Italia per sostenere finanziariamente le imprese) e quindi ceduta nel 1925 alla Banca nazionale di credito. Dopo la crisi del 1929 e la nascita dell’Iri, anche l’Ansaldo entra nell’orbita dell’ente pubblico. I ripetuti passaggi di proprietà non modificano però i caratteri delle lavorazioni ansaldine: meccanica pesante e costruzioni navali (nel 1931, per esempio, viene varato il celebre transatlantico Rex). Anche durante la Seconda guerra mondiale il coinvolgimento dell’impresa nelle produzioni belliche è pieno, anche se a partire dal 1942 diviene progressiva la paralisi dell’attività lavorativa. All’indomani della Liberazione, si ripropone il problema della riconversione e della definizione di una strategia adeguata a un contesto radicalmente modificato. Nel 1949-1950 si attuano i piani della Finmeccanica (finanziaria di settore dell’Iri): molti lavoratori sono licenziati, dopo lunghe e aspre vertenze sindacali; l’Ansaldo si specializza nelle costruzioni navali (dai suoi cantieri usciranno l’Andrea Doria e la Michelangelo) e nella produzione di grande macchinario. Nel 1966, con una complessa operazione di riassetto societario decisa dall’Iri, si conferiscono i cantieri navali all’Italcantieri, mentre sorgono – variamente richiamando il nome Ansaldo nella propria ragione sociale – alcune imprese attive nella produzione di alternatori, caldaie, turbine e nell’impiantistica industriale. Negli anni Settanta si giunge alla costituzione del Raggruppamento Ansaldo, cui fanno capo società diverse, specializzate nella progettazione e costruzione di grandi impianti per la generazione di energia (convenzionale e nucleare). L’arresto dei programmi nucleari italiani impone un ridimensionamento dell’impresa. Essa resta in mano pubblica anche dopo l’ondata di privatizzazioni degli anni Novanta e la liquidazione dell’Iri. All’inizio del XXI secolo, articolata in aziende attive nella produzione di macchinari per l’energia e di mezzi di trasporto, il gruppo Finmeccanica – che dell’Ansaldo è a tutti gli effetti “erede” e continuatore – rappresenta una delle maggiori realtà industriali italiane.

Risorse bibliografiche
M. Doria, Ansaldo. L’impresa e lo Stato, Milano, Franco Angeli, 1989; AA.VV., Storia dell’Ansaldo, 1-9, Roma-Bari, Laterza, 1994-2002.