Ministero della Cultura - MIC-Direzione generale archivi

Servizio Archivistico Nazionale

Archivi d'impresa

Olivetti: l'industria come comunità

Manifesto della macchina per scrivere "M1", disegnato nel 1912 da Teodoro Wolf Ferrari (Archivio storico Olivetti).

 
 

Fondata nel 1908 dall’ingegner Camillo Olivetti, già assistente di Galileo Ferraris, con un capitale di 350.000 lire e 20 operai, la Ing. C. Olivetti & C.  presentò la prima macchina da scrivere italiana all’Esposizione Universale di Torino del 1911 e ottenne di lì a poco le prime consistenti commesse. Dopo aver rafforzato la produzione, la progettazione e la commercializzazione – con la costruzione di una fonderia nel 1922, dell’Officina meccanica Olivetti (Omo) nel 1926, di un Ufficio progetti e studi nel 1928, di un Servizio pubblicità nel 1931 – la società eporediese visse una progressiva espansione che la portò a 870 dipendenti nel 1933 e 4.700 nel 1942.
La fortuna sui mercati europei e sudamericani del secondo modello di macchina per scrivere, la M20, presentato nel 1920, spinse al potenziamento della presenza all’estero con la costituzione, tra il 1929 e il 1932, di consociate in Spagna, Belgio e Argentina. Nel 1932 anche l’Olivetti italiana diventò società anonima e il figlio del fondatore, l’ingegner Adriano Olivetti, reduce da un viaggio di formazione negli Stati Uniti compiuto nel 1925, venne nominato Direttore Generale, prima di assumere la Presidenza nel 1938. Sotto la sua guida iniziarono i primi studi per la progettazione di macchine da calcolo, mentre sulla base dell’esperienza americana vennero avviati progetti di ammodernamento tecnologico e organizzativo, con il decentramento e la direzione per funzioni. 

Tra eccellenza tecnologica e design
Nel 1935, con la collaborazione tra tecnici e architetti nel design della macchina da scrivere Studio 42, si inaugurò una stagione, destinata a fiorire negli anni Cinquanta, di fecondo intreccio tra eccellenza tecnologica e design nell’innovazione progettuale, che vide la collaborazione di designer di grande valore quali Marcello Nizzoli, Giovanni Pintori, Egidio Bonfante, Ettore Sottsass. La cura estetica, unita alla qualità e funzionalità, rese famosi nel mondo alcuni prodotti: la macchina per scrivere Lexicon 80 (1948) la Lettera 22 (1950), la calcolatrice Divisumma 24 (1956), che assieme ad altri prodotti Olivetti entreranno nelle collezioni permanenti del Museum of Modern Art di New York, mentre ad Adriano Olivetti andò, nel 1955, il Gran premio nazionale Compasso d’oro.
La cura della qualità e dell’estetica fu rivolta anche agli edifici industriali: in particolare, l’ampliamento dello stabilimento di Ivrea, su progetto degli architetti Luigi Figini e Gino Pollini, produsse all’inizio degli anni Cinquanta la facciata in vetro che rappresentò a lungo un caso unico nel panorama dell’architettura industriale.

 

"Divisumma 24", 1956 (Archivio storico Olivetti, fondo Olivetti).

 
 

I lavoratori: dentro e fuori
L’espansione economica dell’azienda nel Secondo dopoguerra fu accompagnata e favorita dalla prosecuzione del processo di razionalizzazione organizzativa, con l’introduzione di nuove macchine utensili prodotte dalla Omo e l’allestimento, a partire dal 1950, di linee continue con trasportatori per il montaggio, a cura dell’Ufficio tempi e metodi. L’adozione di sistemi organizzativi di stampo taylorista, finalizzati all’efficienza produttiva, si accompagnò all’attenzione per le condizioni dei lavoratori, dentro e fuori l’impresa: la creazione di servizi sociali aziendali di prim’ordine fu il primo passo verso un impegno più complessivo nei confronti della comunità territoriale: Adriano Olivetti si attorniò di intellettuali, sociologi, psicologi, architetti, urbanisti, che parteciparono ai piani regolatori dell’eporediese e collaborarono alle molteplici iniziative culturali ed editoriali finanziate dalla Olivetti: le riviste «Tecnica e Organizzazione» (1937), «Urbanistica» (1949), «Comunità» (1946). Ne venne un contributo non secondario allo sviluppo delle scienze sociali in Italia, e Adriano Olivetti stesso assunse nel 1950 la Presidenza dell’Istituto nazionale di urbanistica. Nella sua visione, le competenze progettuali, la ricercatezza dei valori estetici nel design sia dei prodotti sia degli stabilimenti, l’efficienza tecnologica e la capacità competitiva dell’azienda erano finalizzate a uno sviluppo economico del territorio, che doveva essere attento agli equilibri sociali e alla crescita culturale e professionale dei lavoratori. Da qui la fondazione, alla metà degli anni Cinquanta, dell’Istituto per il rinnovamento urbano e rurale, che aveva la finalità di promuovere lo sviluppo equilibrato delle comunità locali attraverso piccoli insediamenti produttivi e iniziative socioculturali nelle aree periferiche. Alla Olivetti si perseguì inoltre la partecipazione dei lavoratori alle decisioni interenti i servizi aziendali, attraverso il Consiglio di gestione che, caso unico in Italia, sopravvisse all’inasprirsi del conflitto industriale della fine degli anni Quaranta e perdurò fino al 1971.