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Servizio Archivistico Nazionale

Archivi d'impresa

Parma 1918 - 1945: Gli anni difficili

Prima pressa continua per la lavorazione della pasta, inventata dai fratelli Braibanti, Parma, 1933 (Archivio storico Barilla, fondo Barilla).

 
 

Durante la Prima guerra mondiale alcune aziende parmensi registrano una notevole espansione per merito delle commesse belliche. La Bormioli, che nel 1921 ha costruito un nuovo stabilimento, aumenta la propria produzione a una media annua di 9.000 quintali fra il 1915 e il 1918 (a fronte dei circa 2.000 di inizio secolo), mentre la Barilla conta ormai 300 dipendenti e lavora 300 quintali di pasta al giorno. Il settore conserviero si riprende rapidamente, tanto che già nel 1919 il volume delle esportazioni è tornato ai valori dell’anteguerra. Ben diversa è invece la situazione negli altri comparti. L’agricoltura ha subito una notevole contrazione della capacità produttiva, mentre i settori più legati alle produzioni belliche stanno operando una non facile riconversione, in un quadro sociale contrassegnato dall’asprezza delle rivendicazioni sindacali del “biennio rosso”.
I primi segnali di ripresa si avvertono dopo il 1922. In quell’anno viene creata la Stazione sperimentale delle conserve, al fine di incentivare le imprese al miglioramento della qualità del prodotto. La crescita riguarda soprattutto il settore alimentare e quello meccanico collegato. Nel 1924 sono circa 70 le industrie dedite alla trasformazione del pomodoro, mentre in costante aumento sono anche le esportazioni verso l’estero, supportate dall’azione svolta dalla Società cooperativa per l’esportazione del doppio concentrato di pomodoro, appositamente costituita già nel dopoguerra. I mercati di sbocco più importanti sono, nell’ordine, Stati Uniti, Gran Bretagna e Argentina. L’agricoltura, dopo la stabilizzazione sociale imposta dal Regime fascista, ritorna ai valori della produzione del 1913, sospinta da un uso crescente dei concimi chimici (nel 1928 la Montecatini ha creato due stabilimenti nel Parmense), delle macchine agricole, e dall’ampia diffusione delle colture industriali. Il settore agricolo e quello industriale appaiono sempre più interrelati in un legame che concepisce le manifatture di trasformazione «quale sbocco privilegiato dei processi di accumulazione in agricoltura». In genere, le imprese svolgono contemporaneamente più attività, e sono gli stessi agricoltori a creare gli impianti produttivi che garantiscono un’elevata redditività.
La "grande depressione", con la conseguente chiusura dei mercati esteri, colpisce in particolare il settore conserviero, che già sta pagando la scelta del Duce di rivalutare la lira a “quota 90”. Nel settore agricolo sono proprio le colture industriali e l’allevamento a risentire di più degli effetti della crisi, mentre minori sono le conseguenze per i cereali, per merito degli investimenti incentivati dalla “battaglia del grano”. All’inizio del 1934, il tasso di disoccupazione della provincia è pari al 18,5% della popolazione attiva, è però del 24% nell’edilizia, del 29% nel metalmeccanico e addirittura del 38% proprio nel settore alimentare. Tra il 1935 e il 1936 l’economia parmense riparte di slancio grazie alla massiccia spesa pubblica generata dal conflitto etiopico e dalla valorizzazione dell’impero. A trarne i maggiori benefici sono alcune imprese di grandi dimensioni, che negli anni più bui della crisi hanno investito in innovazioni tecniche dei macchinari e dei processi produttivi, ottenendo significativi risultati in termini di aumento della produttività e diminuzione dei costi: questo offre loro un vantaggio competitivo nel proprio settore che sarà però sfruttato pienamente solo nel dopoguerra.

 

Illustrazione del calendario creato da Adolfo Busi per Barilla, 1931 (Archivio storico Barilla, Fondo Barilla)

 
 

Nel 1932, in piena depressione economica mondiale, nasca la Althea, che ambisce ad affiancare alla tradizionale produzione del concentrato di pomodoro anche una linea di prodotti più evoluti e “pronti” all’uso, sul modello americano. Nello stesso anno, la Bormioli diventa un’accomandita per azioni e concentra la produzione nei contenitori per la profumeria, la farmaceutica e l’industria alimentare. Nel 1933 la Braibanti, che da sempre offre prodotti di gamma qualitativa superiore, brevetta nuovi tipi di macchinari automatici per la produzione della pasta, che saranno esportati anche all’estero. I frutti degli investimenti compiuti si coglieranno pienamente a partire dal 1936, allorché la campagna d’Etiopia e il "boom" dei consumi civili e militari in Africa Orientale Italiana rivitalizzano l’industria alimentare. Per celebrare la creazione dell’impero la Braibanti crea un formato di pasta chiamato Abissino. La Barilla, fra il 1936 e il 1938, si dota di sette presse continue brevettate dalla Braibanti, e, alla vigilia della guerra, conta ormai 800 dipendenti e produce 800 quintali di pasta al giorno. Nel 1939 viene creato l’ente autonomo Mostra delle conserve, che nel 1941, nel padiglione fieristico appositamente allestito nel parco ducale, organizza la Mostra autarchica per scatole e imballaggi per conserve alimentari, e nel 1942 la Mostra nazionale delle conserve alimentari, antesignana dell’odierno Salone internazionale dell’alimentazione (Cibus). Complessivamente, quindi, il settore dell’agroalimentare esce rafforzato dalla depressione, avviando un costante processo di concentrazione dimensionale e di ammodernamento dei processi produttivi sempre più innovativi sul piano tecnologico, ponendo le premesse per il "boom" del dopoguerra.

Bibliografia
G. Gonizzi, Una vita all’insegna del pomodoro. Francesco Emanuele, la Stazione sperimentale delle Conserve e la nascita della Fiera di Parma (1925-1950), in «Parma economica», settembre 2000, 3, pp. 63-64; M. Bonatti Bacchini, A piccoli passi un lungo cammino: la Barilla dal 1920 al 1940, in Barilla, centoventicinque anni di pubblicità e comunicazione, I, 1877-1945, a cura di G. Gonizzi, Barilla, Parma, 2003, pp. 210-255.