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Servizio Archivistico Nazionale

Archivi d'impresa

Milano 1918 - 1945: Anni difficili

Italo Balbo e Benito Mussolini alla presentazione dell'aereo "Breda CC 20", 1929 ca. (Fondazione Isec, fondo Breda).

 
 

La Prima guerra mondiale ha avuto notevoli ripercussioni sull’industria milanese in particolare sulle imprese del comparto meccanico in grado di sfruttare l’occasione offerta dalla domanda di materiale bellico per espandere la produzione a ritmi precedentemente impensabili. L’Alfa Romeo, ad esempio, in pochi anni passa da 200 operai a oltre 4.000, mentre gli impianti, ampliati e rinnovati, sono convertiti alla produzione di munizioni, autoveicoli militari e motori per aerei, una specializzazione condivisa con un altro marchio storico dell’automobilismo italiano, l’Isotta Fraschini. Anche altre imprese approfittano della guerra per dar corso a massicci investimenti e a un profondo rinnovamento del macchinario. La Breda alla fine della guerra è un complesso siderurgico-meccanico di quasi 10.000 addetti, ma non diverse, in questi anni, sono le vicende della Pirelli, delle acciaierie Falck, per non dire della Caproni, assurta in pochi anni a dimensioni importanti nella produzione di aeromobili.
La fine della guerra e il conseguente venir meno delle commesse militari e del regime di militarizzazione della forza lavoro – e quindi di sostanziale erosione dei salari –, determinano condizioni di grave squilibrio per molte industrie, mentre la città è teatro di agitazioni operaie, culminate nel settembre 1920 nell’occupazione delle fabbriche, e di violenze da parte delle prime squadre fasciste.
In questi anni la necessità di investimenti porta le maggiori imprese a legarsi sempre più strettamente ai grandi gruppi finanziari, stringendo rapporti privilegiati con le due maggiori banche operanti nel campo del credito alle industrie, la Banca commerciale (guidata da Giuseppe Toeplitz) e il Credito italiano, che finiscono così per assumere funzioni che vanno al di là del semplice finanziamento, arrivando a detenere quote rilevanti del capitale delle imprese finanziate. Un intreccio di ruoli che nel corso della grande crisi dei primi anni Trenta arriva a metterne in forse l’equilibrio, obbligando lo Stato a una vasta operazione di salvataggio culminata nella creazione dell’Iri presieduto da Alberto Beneduce. Tuttavia, potendo contare su un tessuto produttivo robusto e variegato, dove grandi imprese coesistono con una miriade di officine e laboratori, così come produzioni fortemente innovative convivono con attività poco più che artigianali – in un intreccio di competenze tecniche, imprenditoriali, commerciali e finanziarie che fanno della città uno degli avamposti della modernità industriale – Milano riesce a superare il difficile momento senza drammatiche lacerazioni.

 

Cortile dello stabilimento Pirelli di Milano città distrutto dai bombardamenti, Milano, 1943 (Fondazione Pirelli).

 
 

Nel corso degli anni Trenta la crescita dei consumi, sia pure limitata ai ceti medi urbani, compensa le difficoltà crescenti incontrate dalle imprese esportatrici a causa di regolamenti restrittivi e di politiche doganali protezionistiche, mentre l’enfasi sull’indipendenza economica della nazione incoraggia la ricerca su nuovi materiali e prodotti e rafforza i legami tra il Politecnico e il mondo delle imprese, in particolare nel settore metallurgico e chimico (per esempio con la Montecatini di Guido Donegani).
La ripresa della domanda bellica, via via più pressante, determina un ulteriore rafforzamento dell’industria meccanica, che rappresenta ormai la maggiore concentrazione produttiva in città e negli immediati sobborghi, e consente di riassorbire la disoccupazione operaia, passata da 60.397 unità nel gennaio 1939 a 12.960 nel 1943. Di lì a poco, tuttavia, proprio la guerra, con il suo seguito di disastri e lutti, avrebbe aperto inattesi scenari e spinto le imprese alla ricerca di nuovi approdi.

Risorse bibliografiche
L. Ganapini, Una città, la guerra. Lotte di classe, ideologie e forze politiche a Milano, 1939-1951, Milano, Franco Angeli, 1988; D. Bigazzi, La fabbrica nella crisi del regime fascista, in id., La grande fabbrica, Milano, Feltrinelli, 2000.